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Immagine del redattorePasquale Buonpane

Appunti di floristica: Gentiana lutea L.


 

Il genere Gentiana (fam. Gentianaceae) annovera circa 500 specie di piante erbacee annuali, biennali o perenni diffuse in diverse aree del pianeta: le genziane crescono per lo più nelle zone temperate dell'Europa, dell'Asia e del continente americano con alcuni rappresentanti in Africa settentrionale, Australia e Nuova Zelanda. L'Italia ospita circa trenta specie, cinque di queste sono presenti sul Matese: Gentiana cruciata, G. verna, G. utriculosa , G. dinarica e G. lutea. Le prime tre specie sono piuttosto diffuse: G. utriculosa e G. cruciata si incontrano con una certa frequenza nei campi carsici del Matese o ai bordi delle faggete; G. verna predilige le praterie d’alta quota ed è tra le prime specie a fiorire allo sciogliersi della neve. Gentiana dinarica è piuttosto localizzata: allo stato attuale ci sono note solo due stazioni per questa specie, le uniche presenti in Campania. Gentiana lutea, conosciuta anche come genziana maggiore, si distingue nettamente dalle altre per le dimensioni (può infatti superare il metro di altezza) e per il colore dei fiori che diversamente da quelli delle congeneri presenti sul Matese non sono del caratteristico “blu genziana” ma, come descritto dall'epiteto specifico, di un brillante giallo oro (dal latino luteus = giallo). E' estremamente rara sulle nostre montagne ed è senza dubbio una delle specie più a rischio della flora del Matese.


[Sopra:Gentiana lutea, particolare dei fiori.]


Gentiana lutea L. è una pianta erbacea perenne con foglie verde glauco, le basali disposte a rosetta sono lanceolate con margine intero, lunghe fino a 30 cm. Le foglie sono percorse da 5-7 nervature molto evidenti che si congiungono all’apice. Lo scapo fiorifero è semplice, cavo, alto fino a 1,5 m e presenta da tre a sei verticilli composti da 3-10 fiori, avvolti da foglie cauline opposte e sessili (brevemente picciolate quelle nella parte inferiore del caule). I fiori giallo oro sono ermafroditi e vengono impollinati da api e bombi, la fioritura avviene in giugno-luglio. I frutti sono capsule composte da due valve che si aprono a maturità mostrando numerosi semi appiattiti di colore bruno con contorno ellittico. Le grosse radici fittonanti, carnose e ramificate, sono gialle con scorza bruna. La specie predilige i pascoli montani e si rinviene dai 500 ai 2.200 m di altitudine; è presente in tutte le regioni tranne che in Puglia e Sicilia ma in molte zone è in via di scomparsa a causa della raccolta eccessiva. Per arrestarne il declino la specie è oggi protetta in senso assoluto su tutto il territorio nazionale, la sua raccolta è quindi illegale.



Le radici di genziana sono da millenni utilizzate nella farmacopea: già Plinio e Dioscoride ne enunciavano le virtù benefiche per l’apparato gastrointestinale e per il fegato, la ritenevano inoltre utile per curare il morso dei serpenti. Ai giorni nostri le radici vengono impiegate in erboristeria, dalle industrie farmaceutiche e nella preparazione di amari e aperitivi oltre che per aromatizzare la grappa: contengono infatti diversi principi amari tra cui gentiopicroside e l’amarogentina (la sostanza più amara esistente in natura). Nel nostro paese sono stati fatti tentativi di coltivazione per produrre la preziosa radice che non sempre hanno avuto esito positivo a causa dei costi e dei lunghi tempi di produzione. Oggi la quasi totalità delle radici utilizzate in Italia proviene dall'importazione (soprattutto dalla Francia) o dalla raccolta illegale.


Tra i fattori di rischio oltre alla raccolta indiscriminata va senza dubbio considerata la scarsa e difficile germinabilità dei semi e la crescita estremamente lenta di queste piante che producono i primi fiori solo a partire dal decimo/dodicesimo anno di età. Si tratta tuttavia di piante longeve che possono agevolmente raggiungere i 40-60 anni. G. lutea può inoltre essere danneggiata dal bestiame al pascolo e dall’eccessivo numero di cinghiali. Nelle piante presenti sul Matese ho osservato in più occasioni minuscoli coleotteri curculionidi che attaccavano le capsule forandole per nutrirsi dei semi.


[Frutti immaturi di G. lutea]


Come accennato in precedenza G. lutea è una delle specie più a rischio della flora del Matese: attualmente la sua presenza è limitata ad un’unica stazione su territorio molisano che annovera non più di 60-80 individui. La specie sembrerebbe del tutto assente dal versante campano, assenza senza dubbio singolare se si considera l'estrema vicinanza della stazione molisana e il fatto che la specie sia invece presente su altri gruppi montuosi più meridionali della Campania. La genziana maggiore è davvero assente dal Matese campano e soprattutto, lo è sempre stata? Da tempo cerco di dare una risposta a queste domande ma le mie ricerche non hanno dato risultati né sul campo né altrove. I botanici che hanno erborato sul Matese non fanno alcun riferimento alla presenza di questa specie sulle nostre montagne né esistono campioni d'erbario conservati di piante raccolte sul Matese. Tra le tradizioni delle genti del Matese di entrambi i versanti non vi è traccia dell'utilizzo della radice di genziana per la preparazione di liquori casalinghi, fatto che rende assai improbabile l'ipotesi che la specie sia scomparsa su gran parte del territorio per l'eccessiva raccolta. Da alcuni comuni matesini del beneventano ci sono giunti racconti relativi a fatti avvenuti presumibilmente tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento: sembra che a quei tempi i farmacisti napoletani assoldassero operai del luogo per raccogliere erbe officinali sulla porzione meridionale del Matese. Pare che gli operai si recassero sui monti con i muli per ridiscendere alcuni giorni dopo con il loro prezioso carico di "genziana"...purtroppo non esistono documenti che provino la veridicità di questi racconti né che le piante raccolte fossero effettivamente di Gentiana lutea. Il Matese resta in ogni caso un territorio poco studiato sul piano floristico e non è escluso che il futuro ci riservi sorprese.

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