Sulle vette più elevate del Matese, oltre il limite in cui crescono alberi e arbusti, troviamo le praterie d'alta quota. Le piante che vivono in questi ambienti estremi hanno origini assai varie ma in un certo momento della loro storia evolutiva si son ritrovate a dover risolvere gli stessi problemi per poter sopravvivere, "problemi" dovuti alle particolari condizioni climatiche delle vette. Queste particolarissime specie vegetali nel corso di milioni di anni hanno escogitato tutta una serie di espedienti per poter sopravvivere in condizioni così difficili.
[Sopra: Androsace villosa ha foglie ricoperte di peluria che protegge la pianta dal vento limitando la perdita d'acqua.]
I fattori ambientali che agiscono in quota hanno senza dubbio notevoli ripercussioni sulla biologia dei vegetali sottoponendoli a stress di varia natura: le particolari condizioni climatiche delle vette sono così estreme e selettive da fare in modo che la sopravvivenza dei vegetali sia continuamente messa alla prova. Ma quali sono i fattori che rendono così difficile la vita delle piante d'alta quota e quali trucchi hanno escogitato queste ultime per riuscire a sopravvivere?
[Draba aizoides (in alto) e Saxifraga exarata subsp. ampullacea (in basso) crescono formando densi pulvini.]
- I fattori ambientali
La temperatura media diminuisce di circa 0,5° C per ogni 100 m di altezza, si comprende quindi che le basse temperature siano uno dei fattori più limitanti per le piante. A questo si aggiunga che in vetta l'escursione termica tra giorno e notte è molto più marcata rispetto alle zone di pianura. La stagione estiva è molto breve ed è stato stimato che in media si accorci di 10 -12 giorni per ogni 100 m di maggiore quota. Va inoltre considerato che al di sopra dei 1800 m la neve può cadere quasi in ogni periodo dell'anno. L'umidità atmosferica in alta montagna è piuttosto bassa e diminuisce progressivamente salendo di quota. Il tasso di umidità inoltre può variare con estrema rapidità il che ci fa capire anche perché spesso le condizioni metereologiche in alta montagna possano cambiare molto rapidamente. Le precipitazioni sono in media più abbondanti man mano che si sale fino ai 2000 -2500 m. Il vento spesso costante in vetta è generalmente anche più sostenuto. La neve permane per diversi mesi abbreviando la stagione vegetativa delle piante che possono iniziare a fiorire solo dopo la sua scomparsa. La coltre nevosa inoltre può esercitare un peso notevole sulle piante sottostanti. A causa della rarefazione dell'aria in alta montagna le radiazione ultraviolette sono più intense e possono minacciare seriamente la sopravvivenza delle piante. In questi ambienti estremi l'acqua è per gran parte dell'anno presente sotto forma di neve o ghiaccio per cui non può essere assimilata dalle piante. Nelle brevi estati, la scarsa umidità atmosferica, il vento pressoché costante, la forte irradiazione fanno in modo che l'acqua disponibile nel terreno evapori molto facilmente e sia disponibile per le piante solo per brevi periodi. Per poter sopravvivere quindi le piante devono essere in grado di resistere a periodi di siccità più o meno lunghi.
[Sopra: i Sempervivum come S. italicum per resistere alla siccità accumulano riserve d'acqua nei tessuti.]
- Gli adattamenti delle piante
Le piccole dimensioni sono uno degli espedienti più efficaci e diffusi escogitati dalle piante per sopravvivere nelle roccaglie e nelle praterie d'alta quota. Il nanismo consente di insediarsi anche in piccole cavità della roccia sfruttando al massimo lo spazio disponibile; le foglie piccole riducono la perdita di acqua per traspirazione e spesso nelle piante d'alta quota sono embricate, sovrapposte le une alle altre per offrire meno superficie alla forte irradiazione. Le piccole dimensioni offrono anche una maggiore resistenza al vento e al peso della neve che danneggerebbero facilmente una vegetazione d'alto fusto. Non è quindi un caso che molte piante alpine assumano la forma a cuscino: queste piante sviluppano numerosi steli di piccole dimensioni strettamente addossati gli uni agli altri a formare densi pulvini. Questa forma oltre a limitare la perdita di acqua consente di conservare parte dell'umidità all'interno del pulvino. Queste piante hanno spesso radici allungate in grado di penetrare profondamente nelle fenditure in cerca di acqua consentendo a questi vegetali di vivere anche su nude pareti rocciose. E' il caso di Draba aizoides, di Saxifraga exarata e delle altre sassifraghe del Matese. Alcune specie per resistere alla siccità hanno sviluppato foglie succulente in grado di accumulare una riserva d'acqua nei tessuti, non diversamente da quanto accade nelle cosiddette "piante grasse". E' ciò che avviene con le varie specie di Sedum e Sempervivum presenti sul Matese ma anche nel caso della bellissima Primula auricula. Molte piante d'alta montagna presentano foglie ricoperte da una fitta lanugine superficiale biancastra che ha il doppio vantaggio di respingere e filtrare la luce solare e formare uno strato isolante che protegge le piante dal vento e dalla eccessiva disidratazione. La lanugine inoltre trattiene le gocce di rugiada convogliando l'acqua verso il centro della pianta. E' il caso della rara Androsace villosa presente sul monte Mutria.
[Sopra: Primula auricula]
Queste piante sembrano dimostrare un attaccamento alla vita fuori dal comune, riescono a fiorire sulla nuda roccia, dove pochi vegetali riuscirebbero a vivere, sono sopravvissute alle glaciazioni e abitano le nostre montagne da molto più tempo di noi. Quando le incontriamo guardiamole con rispetto e ammirazione. In molti casi si tratta di specie protette per legge, evitare di raccoglierle o danneggiarle è l'unico modo per garantire alle generazioni future di continuare a godere di queste incredibili meraviglie della natura.
[Sopra: Aubrieta columnae forma densi cuscini alti pochi centimetri; sotto: Myosotis alpestris, riduce le sue dimensioni man mano che si sale di quota.]
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